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Type de textesource
TitreLa Poetica di M. Giorgio Trissino
AuteursTrissino, Giovanni Giorgio
Date de rédaction
Date de publication originale1529; 1562
Titre traduit
Auteurs de la traduction
Date de traduction
Date d'édition moderne ou de réédition1970
Editeur moderneWeinberg, Bernard
Date de reprint

, p. 9

E poi ogni uno della imitazione comunemente s’allegra, come per lo effetto stesso si può vedere, perciò che quelle cose, che con dispiacere veggiamo, come sono fiere, serpi, corpi morti, e simili, le loro imagini però con diletto riguardiamo, massimamente quando sono con diligenza ritratte ; e questo avviene, che essendo l’imparare non solamente ai filosofanti, ma a tutti equalmente soavissima cosa, gli uomini si rallegrano a vedere le immagini ritratte, percioche mirando esse, imparano, che vanno riconoscendo, questo è il tale, e quell’altro è il tale ; e se per aventura non si ha veduto prima la cosa, di cui si vede il ritratto, non si ha per la imitazione diletto, ma per i colori, o per l’artificio.

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, p. 31

[[4:suit portrait ressemblant et plus beau]] Et però il poeta deve servare questo che avemo detto, et appresso dee aver cura di quelle cose che di necessità seguono alli sensi della poesia, cioè al vedere et a l’udire. Dico che deve considerare che la tragedia che scrive debbia esser recitata, e veduti i gesti et uditi i sermoni e la melodia di essa. Laonde dee trattare la favola con parole belle et accomodate, e nel constituirla si de’ ponere ogni cosa avanti agl’occhi e fare come se egli stesso fosse intervenuto in quelle azioni. Che così facendo vederà manifestamente tutti e’ costumi, e troverà agevolmente ciò che ad ognuno si convenga, e non li saranno le cose contrarie e repugnanti nascoste. E ponendosi quanto li sarà possibile avanti gli occhi i gesti e le figure che fanno quelli che sono nelle passioni, si ponerà quasi in esse. Perciò che coloro che sono nelle passioni per la istessa natura persuadeno ; che il corrucciato verissimamente si corruccia e il perturbato verissimamente si perturba.

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(libro VI), p. 11-12

Essendo adunque tutti gli uomini per vizii, o per virtù, tra se ne li loro costumi differenti, è necessaria cosa farli overo migliori, overo come sono quelli della nostra età, overo peggiori, come fanno alcuni pittori, de li quali il Vinci imitava i migliori, il Montagna i peggiori, e Tiziano gli fa simili. Ancora è cosa manifesta, che ne le altre imitazioni (che avemo dette) sono queste medesime differenzie, cioè che alcuni imitano i buoni, altri i cattivi. Verbi grazia nel ballare, alcuni ballando Gioiosi, e Lioncelli, e Rosine, e simili, imitano i migliori ; altri ballando Padoane, e Spingardò, imitano i peggiori. E così nelle imitazioni, che si fanno con gli esametri, Omero imitò i megliori, il Burchello e il Berna i peggiori, e Dante e Petrarca i migliori. In questa differenza ancora vedemo essere la comedia con la tragedia, che l’una vuole imitare i peggiori, e l’altra i migliori.

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(libro V), p. 31

Essendo poi la tragedia imitazione dei più prestanti e dei migliori, il compositore di quella dee fare come fanno li ottimi pittori, i quali nelli loro ritratti quantunque esprimono la propria effigie di coloro che ritranno, nondimeno li dipingono più belli. Così il poeta, imitando gli iracondi, i timidi, i pigri e simili, dee fare i loro costumi più superbi e più maligni. Che così fece Omero che finse Achille iracondo, ma amorevole e buono ; e Terenzio nella Ecyra fece la socera amorevole alla nuora e la meretrice alla maritata.

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